Rita Levi Montalcini, il dialogo mancato

Rita Levi Montalcini

Credo che Rita Levi Montalcini sia tra le poche persone con le quali ho costruito e consolidato un rapporto di stima reciproca, proprio come con qualsiasi altro autore della collana “I Dialoghi”, pur senza essere riuscito a coinvolgerla nel progetto editoriale.

Il nostro primo incontro – rammento di averla “inseguita” a lungo – avvenne per intercessione di Alfonso Maria Liquori, mio ex-insegnante di Chimica Fisica all’università e intimo amico della Montalcini.

Era il 1995 e stavo giusto ultimando la revisione del testo di Liquori. Fu lui a chiamarla e a proporgli, con autentico entusiasmo, un incontro con il sottoscritto. Lei accettò immediatamente e di lì a pochi giorni ebbi modo di farle visita a casa sua, a Roma.

Ad accogliermi trovai anche un uomo, che le faceva da segretario part-time, e sua sorella, la quale all’epoca accusava già i primi segni della malattia che l’avrebbe portata alla morte.

Sembrava tenerci molto a che io conoscessi sua sorella ed era evidente che le due donne erano legate da un profondo affetto, consolidatosi peraltro in una convivenza che oramai sfiorava gli ottanta anni.

Per circa un’ora ci intrattenemmo a parlare di scienza. Per parte mia mi dilungai sull’intento editoriale della collana “I Dialoghi”: avvicinare la scienza ai giovani e i giovani alla scienza.

Era estremamente attenta alle mie parole – cosa che mi colpì non poco – e si dimostrò anche generosa di consigli in merito a come mantenere alto il livello della divulgazione scientifica, pur rendendola accessibile a tutti.

Ci soffermammo su alcuni autori che io avevo già pubblicato: conosceva benissimo il testo, da me pubblicato, del genetista Edoardo Boncinelli – disse anzi che lo considerava uno dei migliori scienziati italiani – e quello di Max Perutz, premio Nobel per la Chimica, del quale mi confidò aneddoti di vita professionale che non conoscevo.

Tale era la sua cortesia e il suo coinvolgimento nel discorso che mi sentivo a un passo dal convincerla a partecipare a quella che ormai era una collana ricca di nomi di prestigio.  Tuttavia, i miei sogni s’infransero sul suo sorriso un po’ triste: “Ho molti anni alle spalle e non so quanto tempo davanti”, mi disse, aggiungendo che leggere le costava oramai troppa fatica, per potersi dedicare alla revisione di un libro.

Qualche tempo dopo tornai nuovamente a trovarla, con un amico fotografo che doveva farle un servizio fotografico. Rammentava per filo e per segno il nostro precedente incontro e s’informo sui “nuovi acquisti” della collana.

Tentai in extremis di convincerla, ma la sua risposta rimase immutata. Volle tuttavia farmi dono lei di un libro: una raccolta dei quadri di sua sorella, che peraltro in quell’occasione trovai visibilmente peggiorata.

Pochi mesi dopo seppi che era morta. Posso solo immaginare quale sia stata la sofferenza di quella perdita per Rita Levi Montalcini, ma la immaginai carica di forza e dignità, anche nel dolore. Dopotutto è questo ciò che più mi ha colpito del suo sguardo, della sua voce e della sua presenza: la forza di sostenere il capo eretto, con fare principesco e lo sguardo proteso al futuro, nonostante gli anni che le gravano le spalle.